Solidare
Non c'è come un film, una scena o un dialogo sul grande schermo per illuminare qualcosa di noi che fino a quel momento era avvolto nel buio. Qui di seguito segnaliamo le opere che dall'inizio di quest'anno ci hanno maggiormente colpito.
Commedia
FULL TIME di Eric Gravel
PARIGI, TUTTO IN UNA NOTTE di Catherine Corsini
Animazione
FLEE di Jonas Poher Rassmussen
Biografici
SPENCER di Pablo Narrain
BELFAST di Kenneth Branagh
ENNIO: IL MAESTRO di Giuseppe Tornatore
IL TEMPO RIMASTO di Daniele Gaglianone
Drammatici
NOI DUE di Nir Bergman
TROMPERIE L'INGANNO di Arnaud Desplechin
SETTEMBRE di Giulia Steigerwalt
LUNANA IL VILLAGGIO ALLA FINE DEL MONDO di Pawo ChoyningDorji
UN ALTRO MONDO di Stéphane Brizé
IL MALE NON ESISTE di Mohammad Rasoulof
L'ACCUSA di Yvan Attal
UNA FEMMINA di Francesco Costabile
PICCOLO CORPO di Laura Samani
AFTER LOVE di Aleem Khan
STRINGIMI FORTE di Mathieu Almaric
UN EROE di Ashgar Farhadi
E' ANDATO TUTTO BENE di Francois Ozon
MY DRIVE CAR di Ryûsuke Hamaguchi
Nel documento in allegato abbiamo selezionato alcuni film vecchi e nuovi, e li abbiamo suddivisi per argomento. L'elenco risente di una inevitabile soggettività e ovviamente alcuni titoli possono fare riflettere su più argomenti, oltre a quello indicato.
di Nanni Moretti con Margherita Buy, Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher
Un'occasione mancata, anche al di là delle legittime aspettative; un intreccio di storie e di personaggi che sfugge di mano e diventa un susseguirsi di scene e situazioni algide, senza pathos.
I tre piani sono quelli di una palazzina di Roma, che nell'originale del bel libro di Eshkol Nevo è a Tel Aviv, dove vivono tre famiglie: una coppia con una bambina che spesso viene affidata ai dirimpettai in pensione, un'altra coppia che ha appena avuto una bambina, ma il padre è lontano per lavoro e lascia la moglie da sola coi suoi fantasmi; e poi c'è una coppia di giudici il cui figlio ubriaco uccide con l'auto una donna.
In ognuno di questi nuclei familiari si aprono altre parentesi che portano lo spettatore a interrogarsi sul tema del perdono, ed è qui che il fim si inceppa: l'aggettivo che per primo viene in mente è perentorio; che è poi il tono e l'atteggiamento usato da Moretti quando parla, solo che se per il personaggio del padre giudice è perfetto, quando applicato a tutto il film fa diventare l'esposizione rigida, quasi ruvida, laddove sarebbe stato prezioso giocare sulle sfumature. Perché i tre piani sono anche quelli freudiani: l'Es, l'Io e il Superio (Moretti appunto), che si intrecciano anche in orizzontale, nel senso che su ogni piano (familiare) compaiono tutti e tre, com'è con la Buy che rappresenta l'Io nella lacerante relazione tra il figlio omicida e il padre intransigente.
Anche Woody Allen ci ha abituati a un tratteggio narrativo di poche pennellate sintetiche (pensiamo alla perfezione senza la minima sbavatura di Manhattan, Match Point o di Un'altra donna), ma qui il tratteggio diventa fare i compiti come si deve.
A colmare la mancanza di sfumature arrivano in soccorso i volti della Buy e della Rohrwacher, ma è troppo poco per un film che avrebbe potuto coinvolgerci molto, ma molto di più.
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